SULL’AGGRSSIONE IN CASERMA ZUCCHI:” CIASCUNO PER LA SUA PARTE E’ CHIAMATO A PRENDERSI UN PEZZO DI RESPONSABILITA’ E NON SOLO A DELEGARE” di Carmelo Mario Lanzafame
UN PARLAMENTO INDEGNO di Carmelo Mario Lanzafame
SULL’AGGRSSIONE IN CASERMA ZUCCHI:” CIASCUNO PER LA SUA PARTE E’ CHIAMATO A PRENDERSI UN PEZZO DI RESPONSABILITA’ E NON SOLO A DELEGARE” di Carmelo Mario Lanzafame
UN PARLAMENTO INDEGNO di Carmelo Mario Lanzafame

Inserisco qua alcune mie riflessioni sul tema CULTURA a Reggio Emilia, alternando le stesse a scritti assemblati da vari articoli presenti su web riguardanti “la visione” e l’operato di Renato Nicolini (scomparso quasi 12 anni fa all’età di 70 anni) che fu Assessore alla Cultura del Comune di Roma dal 1976 al 1985, ricordato ancor oggi per aver inventato, nel suo mandato, a partire dall’estate del 1977 l’Estate Romana.
Perché Nicolini ? credo che anche attingendo alla sua “visione” si possa ampliare e rafforzare una NUOVA STAGIONE CULTURALE nella nostra città. Architetto, intellettuale e professore, dopo il buio periodo degli anni di piombo (che a Roma purtroppo era particolarmente acuito), con la sua politica culturale (innovativa) di trasformare in “palcoscenico” qualunque luogo della città compresa la periferia, di mescolare avanguardia e pop, di sfondare la dimensione del tempo con maratone – di cinema, teatro, danza, poesia – che duravano anche giorni, riportò in piazza la Cultura, e SOPRATTUTTO (ecco la grande novità) riportò in piazza tutti i romani, mescolando cultura alta e cultura popolare, borghesia e operai, ceti abbienti e meno abbienti, persone e famiglie mescolate le une alle altre, senza tralasciare e dimenticare chi viveva forti situazioni di disagio, di qualsiasi tipo questo poteva essere.


Riportare “in piazza” è già un primissimo TARGET da attuare qui a Reggio, cioè quello di “ri-portare” anche fuori dai luoghi e dai siti istituzionali classici (Musei – Teatri – Panizzi – Chiostri di San Pietro) la cultura, con un primo
effetto che è quello di far rivivere, far ri-occupare il centro ai reggiani, nei suoi spazi all’aperto.
Una grossa novità dell’operato di Nicolini fu anche il ri-uso di monumenti e di aree disabitate della città mediante l’interazione con il cinema, la poesia e altri linguaggi; e dove ciò avveniva creava inediti luoghi di relazione.
L’Estate Romana fu una “iniziativa” che fece riscoprire la città in modo allegro, luminoso, con i romani che assaporarono la leggerezza di tornare in piazza, dopo gli anni di piombo del terrorismo. Nicolini fu Assessore con tre
sindaci di sinistra: prima lo storico dell’arte (e grande intellettuale) Carlo Giulio Argan e poi a seguire Luigi Petroselli e Ugo Vetere.

Furono nove anni di Cultura di sinistra, perché la cultura con la C maiuscola allora era di sinistra, con il PCI che era molto attento all’organizzazione e alla diffusione della cultura nelle città che amministrava (e questo me lo ricordo
anche a Reggio Emilia); una attenzione che portò anche alla collaborazione con i grandi promoter di concerti che a fine anni ‘70 riportarono in Italia (finalmente) i grossi tour internazionali, per cui grazie anche alla disponibilità del PCI e delle sue amministrazioni locali (vedi Bologna e Firenze per lo storico concerto di Patti Smith settembre 79, Lou Reed a Firenze, Clash a Bologna e Bob Marley a Milano, giugno 80) il nostro paese rientrò a pieno diritto nel giro dei grossi tour dai quali era stato escluso anni prima (incidenti durante alcuni spettacoli, contestazioni agli artisti, la “famosa” molotov
lanciata sul palco a Milano dove si stava esibendo Carlos Santana, ecc … ). Nicolini divenne dunque Assessore in una giunta di sinistra, dopo il profondo buio “culturale” che la città aveva vissuto precedentemente con le diverse
esperienze di governo democristiano.
Com’era Roma d’estate, oltre quarantacinque anni fa ? Era come una tavolozza di iniziative: qui il cinema, là il teatro, lì accanto la rassegna solo per bambini, i poeti a Castelporziano, il cinema di Massenzio, i Balli intorno al laghetto di Villa Ada, la riapertura agli spettacoli pubblici dello stadio dei Marmi, la “riscoperta” degli spazi di Cinecittà, concerti, balletti, festival di luci e le feste di ferragosto.
La “sua” Roma era un gran contenitore di “cose colorate e allegre”; diceva “In fondo sono stati anni di gioco. Mi piaceva far sentire i giovani e gli abitanti delle periferie più degradate parti integranti della città. Così entravano nella Basilica di Massenzio da spettatori e non da esclusi come accadeva per l’Auditorium di Santa Cecilia”
Dalla rassegna Cinema epico alla Basilica di Massenzio che, trasformando la sede estiva dei concerti dell’Accademia di Santa Cecilia – con le parole di Nicolini: “Luogo d’élite, riservato ai colti e dunque ai pochi” – in luogo per il cinema popolare, di tutte e di tutti. Perchè la cultura deve essere per tutti, nessuno escluso. Oppure l’esperienza del “Teatrino scientifico” dedicato agli spettacoli teatrali e costruito su uno spazio liberato dalla demolizione di alcune case popolari e protetto dalla mobilitazione dei comitati di quartiere, spiega bene come uno “spazio” sia pensato come uno strumento di gestione pacifica del conflitto urbano, capace di costruire, attraverso l’arte e la cultura, luoghi di incontro
piuttosto che di scontro. Il teatrino è infatti un dispositivo relazionale: uno spazio in cui il pubblico, circondando la scena, vi entra dentro, diventa protagonista, si guarda.


LA RICERCA DEI LUOGHI E LE NUOVE FORME DI USO DELLO SPAZIO URBANO:

é questo uno degli aspetti più straordinari dell’esperienza di Nicolini che aveva trasformato l’assessorato alla cultura in un laboratorio di sperimentazione. Un laboratorio in cui si ragionava sempre a partire da una mappa di Roma e si finiva a camminare in gruppo per la città, per verificare possibili luoghi da attivare, la loro raggiungibilità, il loro potenziale. Dal Festival dei poeti sulla spiaggia di Castel Porziano, al Capodanno dell’82 all’interno del tunnel del traforo, l’assessorato sembra letteralmente occupare
con pratiche situazioniste luoghi che improvvisamente si trasformano e si animano per la compresenza di migliaia di persone. Ma il laboratorio va oltre e agisce come spazio di “prova” di nuove forme d’uso dello spazio urbano che da temporanee, perché legate alla manifestazione estiva, si possono trasformare in permanenti. È così, per esempio, per la
riconquista dei luoghi del Mattatoio come spazio per la cultura, ma è così anche e soprattutto per il Progetto Fori, il progetto di ricostituzione dell’unitarietà pedonale dell’area archeologica centrale.
L’operato di Nicolini rappresentò una “nuova” modalità di intervento delle amministrazioni pubbliche nella promozione di eventi culturali destinati al grande pubblico, caratterizzato da altrettante nuove modalità di utilizzo della
cultura, convinto com’era lui che fare cultura voleva dire fare politica. Qui a Reggio Emilia si può in un qualche modo replicare queste visioni ? Pensare alla creazione di nuovi spazi che da estivi possano diventare permanenti ? Sì, certo …. perché no ? Recuperare posti abbandonati e dar loro nuova vita, in ultima istanza significa dar vita alla città, alla sua comunità. Recuperare, ristrutturare, rimettere a posto un “luogo” ovviamente ha un suo
costo in termini di finanze e di liquidità, e questo per un Ente pubblico significa tanto; però non dimentichiamo, e molti studi lo dicono e lo confermano che per ogni euro investito in cultura si crea un indotto “indiretto” di 4 euro, a favore
dell’intera economia del territorio.
Occorre però una “nuova” consapevolezza, ossia che bisogna pensare alla cultura come un volano per l’economia locale, per lo sviluppo del territorio, per l’occupazione, per una crescita dell’intero paese, oltre al fatto che rendi più
BELLA la città.
E’ ora di un cambio di passo …. e credo e penso che anche sul fronte “eventi” (uso questo termine giusto per capirci) ci siano larghi spazi di crescita, di nuova programmazione, di nuovi stimoli, con uno sguardo anche su festival di carattere internazionale.
Mettiamo in moto un processo atto a decentrare la cultura (in questi ultimo decennio troppo limitata allo spazio “istituzionale” Teatri/Musei/Panizzi Spazio Gerra/Chiostri di San Pietro), portarla all’aperto, portarla in luoghi
diversi, in luoghi ALTRI, nelle periferie, secondo una concezione di cultura come “bene comune” e che quindi a maggior ragione deve avere una diffusione capillare. Se poi pensiamo anche alla fruizione gratuita, ove può essere possibile, questo sarebbe un altro gran segnale.
Senza dimenticare, anzi deve essere un obiettivo forte e deciso, quello di recuperare un capannone alle ex-Reggiane e destinarlo ad uno spazio culturale permanente che possa ospitare concerti, spettacoli, mostre, convegni, ecc… Un’area, quella delle Reggiane, che da luogo degradato sta già tornando a nuova vita, le persone la vivono e la ri-occupano
quotidianamente, tra l’altro in una localizzazione strategica della città, vicino alla vecchia stazione ma anche a quella nuova, vicino all’arena RCF e al Centro Malaguzzi ma anche vicino al centro storico della città.
Parliamo di nuovi spazi recuperati alla cittadinanza, dove per esempio Aterballetto (giusto per fare un nome), piuttosto che altri “attori” culturali possano progettare, creare e presentare spettacoli, coinvolgere i cittadini in esperimenti-laboratori di danza, di teatro, di lettura, di musica…avendo la capacità di guardare oltre, e quindi lavorare sul disagio, su soggetti portatori di disagio (sociale, psico-fisico, ecc… che possono essere giovani, adulti, o bambini) coinvolgendoli in questi progetti affinché il loro disagio si trasformi in benessere.
Per una città come Reggio Emilia la cultura diventa, in alcune pratiche, anche welfare….Oggi si parla di Welfare Culturale e tanti sono gli esempi che si possono fare, una tra tanti “Città senza barriere”.
Ci vuole un nuovo passo in avanti, forte: aggiungere ai tanti luoghi da valorizzare del centro storico, anche le periferie, ossia andare nei luoghi meno istituzionali, nei vari quartieri a cercare, interpellare, coinvolgere Associazioni,
gruppi “attivi” di cittadini, i vari presidi sul territorio ed inserire in percorsi quelle persone, che per le loro storie, i loro vissuti, le loro esperienze sono portatori di disagio, e fare emergere in quei contesti la loro creatività, il loro protagonismo, le loro visioni. In questo modo anche chi abita la periferia non si sente più escluso, ma parte integrante della città.
Lo STARE INSIEME, permette a tutti di recuperare quel senso di comunità che in questi ultimi anni si è un pò troppo perso. Fondamentale non smettere di alimentare e tenere attivi tutti i presidi territoriali, quegli spazi di aggregazione, che sono vitali perché aiutano a creare comunità. Come “cultura” bisogna saper aprirsi ai giovani, intercettare i loro bisogni,
individuare i loro disagi, le loro esigenze ed aiutarli a tirare fuori la loro creatività. Perchè se ci sono dei ragazzi che in un quartiere periferico fanno musica trap, girano per strada un video con degli atteggiamenti poco “condivisibili” (come era accaduto tre anni fa in zona Ospizio Stranieri) la città deve essere in grado di leggere questo fenomeno non come forma di devianza e quindi criminalizzandoli come dei “mezzi delinquenti”, ma riuscire ad andare oltre.
Perché questi sono giovani che esprimono un disagio, per cui bisogna innanzitutto ascoltarli per poi riuscire a permettere loro di incanalare in maniera positiva il loro malessere, le loro esigenze, la loro creatività (perché e
di questo che stiamo parlando) e così capiamo che la delinquenza non c’entra niente, più semplicemente sono loro che ci vogliono dire qualcosa. Solo così abbiamo “vinto” tutti, hanno vinto loro, ha vinto il quartiere, gli abitanti e la
città come soggetto.
Altrimenti vince la visione di paura, di intolleranza, di repressione tanto cara alla destra, e la città ne esce sconfitta.
Anche questo vuol dire “fare cultura” per un ente pubblico.


Crupi Gaetano Candidato al Consiglio Comunale con la lista di Sinistra In Comune a sostegno di Marco Massari candidato sindaco

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Sinistra Italiana Reggio Emilia